martedì 18 maggio 2010

ove sostare


maledetti profughi che popolate
l’aria
di risate desolate,
senza abbandonare la colpa,
di risate grasse ha fame la terra
e di armenti e di pascoli fertili
ove sostare,
che il viaggiare non ha steccato in terra

la libertà delle viscere

urla la sua rabbia il mare,
è gonfio di orgoglio,
voce di nero
dentro la libertà
delle viscere

sei tu, sono io?

ora giravolte infinite 
si stendono lievi lungo
i contrafforti.
Sei tu, sono io a incontrare tanta
resistenza nel vento? Intanto
nel prepararsi è l’urgenza delle radici
che canta

il paesaggio


occhio per occhio, dice la vedetta
e del granito sul cuore si fa vanto,
gocce di cera roventi trasportate
dal vento
a sigillare i nanetti alle porte delle ville,
volteranno indietro lo sguardo,
finalmente propensi ad occuparsi del paesaggio

a testimonianza del volo


vede chiaro senza imboscate
la volata di scie di sangue
che rende elettrico questo cielo
così terso,
lo apre squarciandolo e lo rimaneggia
con inserti radenti di colori a spruzzo,
a testimonianza del volo

il fraseggio

balugina balugina,
privato della forma si inabissa
in spirali,
poi ecco riemerge,
si fa sostanza certa, assorbe
acqua e si avvinghia al tronco,
come un giovane piumato
percepisce il vento che rende
libero il fraseggio,
assecondando i rami

venerdì 7 maggio 2010

i fili

oggi richiama ieri come un lampo
a cui si aggiunge la saetta,
ci vuole pazienza per dipanare
i fili
e una innata conoscenza del vento

giovedì 6 maggio 2010

l'atleta


liquida il salto come una manciata
di erbe medicinali appena colte
l'atleta,
si spinge con il dorso e con delicatezza
preme piedi snelli, saggiando

mercoledì 5 maggio 2010

folie à deux

Scrive genseki:

La veritá su questo blog è che sta morendo. Genseki scompare poco a poco, con i suoi tic, le sue rigide posture idiosincratiche, il suo io così animale, cosí animalescamente cavalleresco e “culto”, scompare vampirizzato da Dreiser Cazzaniga, quel Dreiser Cazzaniga con cui ha condiviso un cosí largo cammino nel passato, con cui ha scoperto il passato, che lo ha spinto a cartografare il passato come una america recentemente scoperta, a redigerne l'inventario, ad essere il ramusio del proprio passato. I loro reciproci passati sono andati cosí poco a poco confluendo, confonedendosi, fondendosi. Il rischio, ancora evitabile? - è che finiscano per diventare un solo passato: un solo paese preterito percorso da due ricordi gemelli.
Dreiser Cazzaniga e genseki sono i due soli lettori di questo blog che sdegna di avere lettori, si leggono e si scrivono ormai l'un l'altro in una specie di folie è deux. Ma uno è giá morto, l'altro, forse, genseki, non ha mai davvero avuto una vita virtuale. La sola che avrebbe potuto avere. Ci ha provato a nascere. Ha sbagliato i tempi. Ha vissuto un tempo in cui è cosí difficile nascere!
genseki



A questo proposito vorrei spezzare una lancia in favore della sopravvivenza di questo blog le cui proprietà taumaturgiche, ancora purtroppo sconosciute a molti, sono diventate per me un dato di fatto. E' ormai accertato che una sia pur minima dose di Memorie di Dreiser Cazzaniga ha molto spesso il potere di sollevare il velo opaco che copre per il momento gli oggetti del mio mondo, così come le poesie di genseki ritemprano il mio respiro col sentore del bosco.
maresa

lunedì 3 maggio 2010

il nemico


credo sia stato automatico per me nel passato convogliare le energie negative contro un nemico esterno, che si trattasse di mia madre o della sorte o di mille rivoli di rabbia inespressa. In fondo è un procedere facile, che solleva da gran parte delle responsabilità. Meno facile "vedere" dal punto di vista del "nemico interno" che è invece nostra piena responsabilità, senza facili compromessi, senza vie di fuga.
Lascio alle parole di Agnese Galotti, psicoterapeuta genovese, il compito di approfondire questo concetto, partendo dalla delineazione di due realtà diverse, quella del vittimismo e quella del superamento dialettico:


(...) 1) La prima, che definirei pre-dialettica è quella in cui vige il bisogno di un nemico fuori quale detentore della colpa che giustifica la nostra impotenza.
E’ la situazione in cui prevale l’unilateralità, una scissione piuttosto rigida tra ciò che è bene e ciò che è male come "oggettivamente" intesi, in cui l’individuo pone la propria identità in quella parte della personalità che forma l’Io cosciente, vale a dire nell’immagine di sè conosciuta ed accettata.
Tutto ciò che l’individuo sperimenta ma che non rientra in quegli aspetti dell’Io ritenuti accettabili è qualcosa che viene vissuto come "esterno", come indotto da altri, con cui non si ha nulla a che vedere salvo il fatto di trovarsi a subirlo: viene a nascere così il totalmente altro da sè.
Ma poichè la nostra personalità non si esaurisce nell’Io cosciente, questa identità è salvaguardata proprio dal costituirsi di questo nemico fuori su cui proiettare tutto il resto.
E’ il totalmente altro da noi che si assume - ai nostri occhi ingenui - la responsabilità e la causa di tutto ciò che non ci va bene, che ci fa soffrire, che crea conflitto.
Persona evento o situazione che sia, il nemico è caricato del peso in senso giustificativo, della colpa di chi si oppone a noi ed ostacola il nostro benessere.



2) La seconda, che definirei dialettica, è quella in cui il nemico è colui che ci spinge e costringe al cambiamento, trasformandosi così in alleato.
E’ la situazione in cui è avvenuto il riconoscimento in sè di parti inconsce (spiacevoli, ombrose o comunque in conflitto con l’Io cosciente), quindi è avvenuta l’accettazione del conflitto quale situazione che inevitabilmente si viene a creare tra le parti interne.
La tensione generata dal conflitto, se il soggetto non cede alla tentazione di liberarsi velocemente di uno dei poli, porta al superamento dell’opposizione, dunque alla comparsa di quel "terzo punto", sintesi tra i due precedenti, in un movimento dinamico che consente la soggettivizzazione.
Allora l’altro, interlocutore interno o empirico che sia, anche quando sia percepito come "nemico", attivatore cioè del conflitto e della sofferenza ad esso legata, rivela il suo aspetto di alleato necessario, in quanto capace di mettere in evidenza il limite, la tendenza all’unilateralità, e si pone quale stimolo costante al superamento della posizione fin lì raggiunta, impedendo l’assolutizzazione di una tappa.
Ma deve trattarsi allora di un degno nemico, come quello di cui ha bisogno un guerriero per essere tale, quel nemico capace cioè di costringerci compiere un salto che da soli non faremmo mai.
Di fronte a tale degno nemico, come dice di Don Juan al suo allievo Castaneda: "Potresti dover far uso di tutto quello che ti ho insegnato: non hai altra alternativa. (...) Il tuo avversario è sulle tue tracce e per la prima volta nella vita non ti puoi permettere di comportarti a casaccio.
Questa volta dovrai imparare un fare completamente differente, il fare della strategia. Ragiona così: se sopravvivi agli assalti della Catalina [donna dotata di magici poteri che mette alla prova l’apprendista stregone] dovrai ringraziarla un giorno o l’altro per averti costretto a cambiare il tuo fare." E il fare della strategia, spiega ancora Don Juan: "comporta che non si è alla mercé della gente." Dunque il degno nemico è la situazione in cui è intuito un che di profondo che la rende sensata, anche se non meno dolorosa, in virtù del superamento verso cui ci spinge. (...)

il mare di quel giorno

sulla prospettiva il mare di quel
giorno
prometteva marinai festanti
e donne allegre nei bar, l’angiporto
una famiglia raccolta intorno alle carene.

Delle navi il recente passato tra le onde:
pareva spingerle a considerare il riposo,
vagavano trepide in attesa del vento propizio
cercando un luogo interno dove dimorare