giovedì 24 dicembre 2009

issa

yo no naka ya
cho no kurashi mo
isogashiki

in questo mondo
contempliamo i fiori;
sotto, l'inferno

mercoledì 23 dicembre 2009

issa

hirugao ya
poppo to moeru
ishikoro e

le campanule
protese verso pietre
roventi

54 haiku sulle lumache, 230 sulle lucciole, 150 sulle zanzare

Amo molto la poesia di Kobayashi Issa, con lui lo haiku tocca le vette di una semplicità perfetta, frutto di una altissima ispirazione. Mi piace la sua distanza dalla vuota erudizione.
Lui stesso diceva: "Più della montagna delle rose di Ide, ama i fiori delle rape e cerca di esserne sedotto. Le verdi glume dell'orzo sono più commoventi delle peonie."
Mi dice che la bellezza può essere trovata ovunque.

kobayashi issa 1763-1828


giovanni sollima

sabato 12 dicembre 2009

poi rinascemmo


Poi rinascemmo
e di forza non ne aveva nelle ginocchia
il tempo,
ma una fretta vorace e delle ciglia il ricordo
dell'occhio.
Purezza chiedeva alle vespe e ai calabroni intatti
una graduatoria santificata dal soleggiato nastro,
promessa di sconfitte e vittorie,
e su mani e piedi il fuoco a lambire
e delle rimanenze dei fuochi il sospiro dell'acqua
(Stanzas)

terrestre

sempre a proposito di poesia Barbara Mor osserva:


"Tutti gli umani una volta erano poeti.

Sognatori insieme e nella terra.
Dobbiamo ritrovare la consapevolezza antica,
dobbiamo tornare a essere ciò che eravamo."

giovedì 10 dicembre 2009

aurora boreale



poesia come luogo di lavoro e di trasformazione
per imparare ad essere nel mondo
per uscire dalla manipolazione
per esistere nella semplicità

martedì 8 dicembre 2009

islanda, grotta di acqua calda sorgiva



un luogo indicibilmente caldo e freddo al tempo stesso, dove trovare vulcani e ghiacciai, le origini, quella condizione ribollente e magmatica della terra e di ognuno di noi

pluvia


Siamo un popolo di abeti e larici
dove il pulviscolo non trionfa,
viaggiatori animati
dal ritmico incedere
alla pluvia.
Per esserlo,
abbiamo  divelto un fossato
e un alfabeto
creato dal
vuoto cratere del regno.
Minaccia di piovere ancora
su braccia e gambe bambine,
sepolte nel fango terriccio,
figure umane non ultimate.
(Stanzas) 

tolmino baldassari e' mur l'éra bianch


e' vent u n'é piò strach
u séra férum
in sò int i fiur de' mél
la lus l'intréva in cisa
e' mur l'éra bianch
a selt la corda
la pala l'arbelza int la ca
e' coch an  l'ò mai vest
a sen quel ch'a sen  sté



IL MURO ERA BIANCO. il vento non è più stanco/ si era fermato/ sui fiori del melo/ la luce entrava in chiesa/ il muro era bianco/ salto la corda/ la palla rimbalza nella casa/ il cuculo non l'ho mai visto/ siamo quel che siamo  stati

emiliana torrini


mercoledì 2 dicembre 2009

rabih abou-khalil


una mostruosa anomalia

Con questa immagine Georges Bataille descriveva il tormento che era all'origine de L'azzurro del cielo, romanzo scritto nel 1935 e tenuto per decenni nel cassetto.
Riscopro ora le emozioni che ho provato leggendolo molti anni fa:
turbamento, l'equivalente di lacrime e riso, rabbia, comunicazione nella sua necessità urgente e violenta.

Lo stesso autore afferma: "Più o meno ognuno di noi è legato ai racconti, ai romanzi che gli rivelano le molteplici verità della vita. Solo i racconti, letti a volte come in delirio, lo pongono davanti al destino. Il racconto che rivela le possibilità della vita non richiama necessariamente, ma può richiamare, un momento di rabbia, senza il quale l'autore resterebbe cieco a quelle possibilità eccessive. Ne sono convinto: solo la prova asfissiante, impossibile dona all'autore il mezzo di spingere lontano la sua visione. Come si può perdere tempo su libri alla cui creazione l'autore non sia stato manifestamente costretto?"

coppia


marco viale, illustratore, si può trovare anche sul sito www.ultra-book.com

domenica 29 novembre 2009

saremo salvi insieme


Allora scenderemo dal treno
in una giornata piovosa
corrugando le sopracciglia.
Alla ventura l’abbaiare dei cani
che reca con sè
il sermone dell’odio.
Lì non permane pazienza,
solo ossa
e una crescente potenza in divenire.
Saremo salvi insieme.

vanessa rubin


venerdì 20 novembre 2009

i respiri



Al barbiere chiedemmo un taglio semplice
per un mattino speciale,
niente cappotto in bicicletta,
piazza del comune
e la pazienza
di raggranellare i respiri.

mercoledì 18 novembre 2009

è la forma che mi spinge a domandarti

è la forma
che mi spinge a domandarti
non indugiare tra le coltri?
è la tenebra che s'infittisce
e la mascella tua svela
o la vela
che sul mare domani
coprirà il tuo volto?
stolto, non afferrarmi
come una pannocchia,
non sono matura per esser
da te
mangiata
o divorata
divino poeta,
non sono una meta e nemmeno
il percorso,
smuovo, lo si direbbe apposta,
le cornici ai quadri,
li accarezzo come un futuro,
se guardo oggi, se oggi muoio,
morirò domani,
e l'altro domani, ancora.
e ancora
ti rimiri
in me
e non ti accorgi
che siamo soli in un bosco
dove un mulino rotto
bighellona con l'acqua
e la percuote con pale che
ai nostri occhi
sono i peccati del mondo.
avvicinati a me, che ti possa
toccare,
non rimirare, annusa l'aria
e aspira chi odora di vita.
tra breve la spiaggia
e la sosta,
finita.
(Stanzas)

nina simone


meraviglia



il tempo della reciproca appartenenza dell'uomo con le cose, della coesistenza, ovvero un tempo originario nel quale:

«II pensiero era oggetto di percezione interna, non era pensato, ma sentito, per così dire veduto, udito come fenomeno esterno. Il pensiero era essenzialmente rivelazione, non era inventato ma imposto, o convincente per la sua diretta realtà. Il pensare precede la primitiva coscienza dell'Io, che ne è piuttosto l'oggetto che il soggetto».
(C.G. Jung, Gli archetipi dell'inconscio collettivo)

martedì 17 novembre 2009

verena



verena accarezza e la sera la tinge di nero,
accarezza una brezza che soffia dal cuore, passione
di un angelo informe, timore di sussulti e lamenti,
verena, accarezzi davvero la sera?
o la sera, che da sola si gonfia di orgoglio
si specchia arrogante e s'infiamma? o se tace
e non per dire ancora, o se tace, dicevo, la sorte
che varia nel lago profondo dei sensi, e se menti,
verena, che è sera?
(Stanzas)

terrore e meraviglia



immaginiamo una giornata impervia, fatta di salti aguzzi come guglie di cattedrali, colpi di accetta diritti al cuore che vibra nelle fibre come un accordo di chitarra, ecco, in tutto quel pulsare immaginiamo una grazia tutta terrena costruita dentro l’enormità, partendo dal suo centro, eppure già nuova, come nidi di uccelli, madonne votive di popoli contadini, parole sussurrate, poi urlate, dizionari di foglie. Ecco un tempo straordinario, non casuale, un canto

lunedì 16 novembre 2009

patty smith


d'accordo, ti recupero l'ombra


d’accordo, ti recupero l’ombra,
ma se dirimpetto a noi, in sollevate chine di foglie
mature al distruggersi,
in voluti armamenti corretti,
ora, in attacco,
lanciarci contro le colombine e dirigerci
in filamenti,
disagevoli, come di noi i raccolti e
arrabbiati, formare una sinfonica impazienza come
per sempre, nulla, armamenti futuri scarichi, andarcene,
coprirci di foglie
(Stanzas)

domenica 15 novembre 2009

taraf de haidouks



Scriveva Bela Bartòk, negli scritti sulla musica popolare: "La musica romena è una cosa complessa, è ancora nel buio, è in fasce. E' un misto di musica araba, slava ed ungherese, eppure ha un'atmosfera tutta particolare che non si può definire con parole. Gli influssi stranieri sono troppo evidenti per poterli negare. Nel bassopiano nevoso la musica è per lo più turca, nella Moldavia per lo più ungherese. La maggior parte delle melodie da danza è russa o greca. Ma nessuno si deve addolorare: da tutti questi dialetti musicali nasce un particolare carattere personale".

vanno ignari i bimbi

Appena cotti e mangiati,
così vestiti e infreddoliti,
del gioco tipico della vita
vanno ignari i bimbi.
Così piccoli portano nelle cartelle
del deserto la rossa sabbia,
così ad ogni alba e mattina

traghettatore di felci notturne



Traghettatore di felci notturne,
costruttore di neve rosata,
ampio mantello,
mio cuore,
desolato ricordo di roseti,
parola che nomina il mondo

arando il selciato


Era fuliggine nera nel globo
nero. Lentamente
si faceva strada nella percezione
della sincerità. Casa!
Come appartenersi e tenersi stretti
tremando e piangendo,
tutto a soqquadro,
formando condotti per l’aria,
arando il selciato

martedì 10 novembre 2009

oggi torneo di scopone



Volgi lo sguardo
a destra, a sinistra,
le case pronte ad apparire
in una geometria piana e aperta,
allora aggiungi alberi e allodole
e una società di mutuo soccorso.
Oggi torneo di scopone.

tu questo cratere lo chiami cuore



Tu questo cratere lo chiami
cuore, così come i limoni
gialli in cucina,
così vicini o lontani
come il percorso delle volpi
in agosto, quando valicano
le montagne.
A dirotto piove
e lava il sangue delle ferite.

il fucile ormai scarico

Solo i materassi d’erica e le trapunte
di seta rossa
ricordo
di un’infanzia contadina
nel roveto sentimentale dell’odio.
A volte
colpi di pallone al rimbalzo
emergevano dai ragionamenti
del cacciatore di balene,
il fucile ormai scarico,
libero eppure incapace di gioire.

domenica 8 novembre 2009

se ne avete cuore


Esiste un’altra via, se ne avete cuore.
La prima l’ho descritta in parole note
Poiché l’avete vista, come tutti l’abbiamo,
negli esempi, più o meno, di vite intorno a noi.
Ma l’altra è sconosciuta, perché ci vuol fede:
la fede nata dalla disperazione.
Destinazione, non se ne può dare;
Voi sapete ben poco finchè non giungete;
Viaggerete cieca. Ma la via sbocca nel possesso
Di quel che voi cercaste fuori strada.
T.S.Eliot

mercoledì 28 ottobre 2009

ogni cosa è illuminata



ogni cosa è illuminata dalla luce del passato, ogni cosa risplende di luce propria, che si irradia a tutte le altre cose, se solo la togliamo dal cono d’ombra dell’ignoranza e dell’illusione, ma per fare questo dobbiamo iniziare una ricerca molto rigorosa, che parta sin dalle nostre cellule, dalle nostre ossa, sangue e cuore

d'istinto rompevamo i binari

D’istinto rompevamo i binari,
le stanghe travolte
dal treno,
in fermento i corpi e le masse,
in languore le ciglia e le teste,
frinendo all’arrivo del fischio
ma mai nella pioggia,
solo col sole.
Pericolo narrato con boccate
di fumo
nerastro,
le automobili senza alcuna certezza,
niente epica, solo stanghe e treno.
Se chiedi a un delfino
quale sarà la presa
futura,
quale bastione occupare e
distruggere,
quante persone morire
errando
di valle in valle,
di nebbia e
dolore,
la mascella che gli si contrae
sul viso giovane arrogante,
alza il passamontagna
e stringe le macchine fra le braccia.
Volare è morire di noia
se non scendi a vedere.
(Stanzas)

lunedì 19 ottobre 2009

Stanzas per la barca

immagina che la lingua abbia
di un canzoniere
intessute le sbarre,
e che di uccelli frenetici
sia
la portatrice di notizie.
Ispezionando
le stanze
una calma apparente
per esse,
un riflesso azzurro
di appartenere
a un mondo concreto
di gesti e suoni,
una capienza così corretta,
nel cuore,
da spedire all'inferno
questi mobiletti e le stoviglie,
questi nascondigli.
Immagina allora una lingua
che le sostenga tutte
e le chiami con forme interroganti,
le domande furiose,
stupende
e costruisca solo per te,
intatta,
una barca.
(Stanzas)

un quadro nuovo



oggi mi muovo come un esploratore tra diverse esperienze di realtà
una statica, schematica, ripetitiva, logora, insidiosamente dominata dalla paura e che mi ha condotto sino a qui
e una realtà del tutto nuova nella quale entra in causa anche il corpo nella sua interezza, fatta di lampi veloci, di bagliori e scintille, come un quadro nuovo che si stesse formando

domenica 18 ottobre 2009

La fatica dell'esistente

Ossa bianche e lunghe, asciugate
dal sole,
rispettosamente,

con commozione,
lì la fatica dell’esistente
brucia gli ostacoli,
apre alla misericordia.

sabato 17 ottobre 2009

A. Rimbaud


fili, maturandi

fili, maturandi, come reciderli in attacco,
quando forti di essere gli stessi si mirano
aperti,
ignari partecipi della stessa morte in ombra.
Poi, incolonnati in radura, il sole filtra appena,
e dei tronchi robusti il ricordo del lampo e l'esercizio
delle formiche
(Stanzas)

ora so cosa si cela



questa poesia fa parte di Stanzas, la mia prima raccolta. Abitavo a Milano e ricordo i piccoli viaggi in tram per andare dall'editore a correggere le bozze. Se penso a quei giorni e a quel modo di vivere la poesia nella mia mente risuonano questi miei versi

ora so cosa si cela
dietro le spaghetterie cittadine,
quando l'ansia di ritornare
esatti
non ammette sotterfugi e si soffre
discrepando l'unica soglia
al dolore
del racchiuso.
Ora, tirando sassi al cerchio
acquatico,
rimosso l'orgoglio,
sento il frammento misto all'unione
e la perversa timidezza reale
ricoprire gli anfratti
del giorno giocato

riconoscersi


al di là dei simboli, dei significati da ricercare o no, vale la pena di riconoscersi? Io credo di sì, anche se oggi  ancora rotolo nella preistoria della sabbia di un deserto antico, popolato da uomini e donne costruttori del flauto, cercando con ostinazione quel primo suono, la fertilità della terra, la magia degli animali, la visione di potere nella solitudine, come direbbe Gary Snyder

venerdì 16 ottobre 2009

Crudità


un tessitore che riunisce fili, li ricompone con cura. Sono fili non eterei, impolverati e arruffati come sfere di erbe sospinte dal vento a Sonora, in un giorno in cui tutto trema, il cielo terso

Ora c'è la disadorna

Ora c'è la disadorna
e si compiono gli anni, a manciate,
con ingegno di forbici e
una boria che accosta
al gas la bocca
dura fino alla sua spina
dove crede
oppure i morti arrancano verso un campo
che ha la testa cava
e le miriadi
si gettano nel battesimo
per un soffio.
(Milo De Angelis, Millimetri)

Milo De Angelis

Ricordo bene il mio primo incontro con Milo De Angelis. Avevo letto Millimetri e ne ero stata folgorata. Avevo pensato che fosse la persona migliore per darmi un giudizio sulle mie poesie. Gli scrissi e lui mi chiamò proponendomi di andare a trovarlo a Milano. Da quell'incontro sono passati molti anni, non sono più la ragazza di allora, anche se oggi posso dire che in un certo senso il cerchio si chiude e io mi faccio carico di quella che ero e che sono diventata.

mercoledì 14 ottobre 2009

Gnit

Holderlin dice che nominare è far esistere
Baldassari scrive in Gnit (Niente):

La morte è un niente ma c'è
qualcuno l'ha anche vista
ma poi se n'è dimenticato

è in quella intercapedine che coltiviamo la vita

martedì 13 ottobre 2009

Non immobile

Vapori svettano dalle cime,
a quale casa pretendi
di appartenere, se dalla scala
non scendi? Brume ingioiellate
dallo scalpello del cielo,
la chiacchiera delle colombe è finita,
arrivano rasoi appuntiti,
l’aria è tersa,
non immobile.

domenica 11 ottobre 2009

Tolmino Baldassari

Per chi come me ha avuto il privilegio di conoscerlo, basta dire che Tolmino è un uomo e un poeta molto lontano da ogni intellettualismo fine a se stesso. E' nato a Castiglione di Cervia nel 1927 ed è considerato uno dei massimi poeti romagnoli contemporanei.

Canutir


l’è pasê i canutir ch’i lanséva
a j en vest int la curva de’ fium
j è sparì sânza vós. i d’intórna
j è pasé cvânt e’ mònd l’éra férum
un s’avdéva un us. ël a vulê
l’éra un dè cun e’ sól ch’e’ gvardéva
a j ò vest a pasê a so sicur
e j è fìrum j è fìrum cun me


CANOTTIERI – sono passati i canottieri che ansimavano/ li abbiamo visti nella curva del fiume/ sono spariti senza voci d’intorno/ sono passati quando il mondo era fermo/ non si vedeva un uccello volare/ era un giorno con il sole che guardava/ li ho visti passare sono sicuro/ e sono fermi sono fermi con me

Come se fosse vero

in uno specchio grande d'acqua

dove le anatre selvatiche
non le disturba nessuno
o se per caso
incontro i cavalli di mio babbo
che sembrano fermi nel vento
(Tolmino Baldassari, I vìdar)

mercoledì 7 ottobre 2009

Nudità




Quando ero piccola mia madre mi portava in via Torino a comprare carne di cavallo in una macelleria equina. Io detestavo la carne di cavallo e il suo sapore dolce e ancora di più detestavo essere costretta a mangiarla. Oggi la carne di quei cavalli mi fa pensare alla mia nudità terrena e allo sforzo che sto facendo per vederne tutti gli aspetti senza preconcetti. Nell’Experience intérieure Georges Bataille afferma che l’uomo può trovare se stesso solo se riesce a sottrarsi, senza sosta, all’avarizia che lo stringe. A questo universo di gioco, riso, pianto, vita e morte appartiene la poesia, come una verità che nasce dalle ceneri di una ricerca delle origini, nel cuore dell’appartenenza alla terra.